lunedì 23 novembre 2015

Lunedì.

Un altro lunedì e servirebbe un'altra tazza di caffè,
il prato più verde, un po' di neve,
alcuni pensieri diversi.
Ancora lunedi, e il bassotto grasso abbaia come sempre,
la padrona non saluta, vedo più gambe e piedi in città, che volti.
Un altro lunedi e servirebbe un po' di clemenza da dio
per far si che la domenica non finisca cosi. Subito.
(Anche se era noiosa.)

lunedì 9 novembre 2015

Le cose

Ci circondiamo di cose, 
vestiti, tazze, coperte, piatti, pettini, quaderni, scarpe, scartoffie, penne, borse, attaccapanni.
Vorremmo più cose e, più ne abbiamo e
più ne vorremmo.
Cose per abbellire, riempire, svuotare, creare. Cose per poi ritrovarsi a fare il decluttering, la pulizia totale.
I soldi comprano cose che diventano - solo- più cose che possediamo, solo più cose da tenere, organizzare. Cose da conservare, da ammirare, indossasre, regalare. Cose da dimenticare per non scordarsi di accmulare più cose.
Possediamo cose ed il nostro io diviene una cosa, fra tante.

Oggi, voglio vivere senza cose. Senza pensare alle cose, senza curarmi di loro.
Senza esser(ci)...e. 

giovedì 24 settembre 2015

Autunno

Benvenuto autunno,
benvenuto!

Mi piace il tuo colore, le foglie variopinte sul selciato, questo cielo grigio che stinge e si ritinge di azzurro, fugace.
Mi accoccolo sul divano con la mia tazza di tè ed i calzettoni, con i primi spifferi d'aria, che passando sotto gli stipiti delle porte e delle finestre, soffiano via l'arsura dell'estate, i colori scintillanti, gli orizzonti infiniti.
Ora, ci possiamo stringere un po' di più, camminare ingobbiti e avvolti dalle prime sciarpe, ascoltare il tintinnare delle gocce di pioggia sugli ombrelli; possiamo sbucciare le castagne, sorbire da ciotole profonde, zuppe colorate e dense.

Possiamo lasciarci andare: un po' come  le foglie stanche; dondolare e cadere, per recuperare i passi, il ritmo e ascoltare la nostalgia.

Photo taken from Flickr: https://www.flickr.com/photos/question_everything/4107359250 - OAK AND ASH. 



lunedì 21 settembre 2015

Domenica



Abbiamo visitato quel piccolo paesino in cima al lago, celato dietro ad una grotta, al culmiare di una strada, alternatamente, a senso unico. Ho guidato lentamente, chilometro dopo chilometro, memore dei nostri viaggi estivi nelle terre silenziose, verdi e grigie.

Dell'Italia, a volte, mi irrita tanta immacolata bellezza.
Questi gioiellini nascosti che si ebiscono con irruenza, quasi senza riverenza al visitatore che vi giunge, ignaro di tali scorci e colori.

Una domenica, l'ultima di questa estate, per celebrare il viaggio ed i colori che ad esso, sempre, vi si accompagnano.


venerdì 18 settembre 2015

Presenze

la sera si fa lunga
come i suoi passi
li sento
li senti
li ignoriamo per quella piccola regola
che abbiamo
che non si hanno orecchie per sentire
ciò che non si vede.

il gatto avanza
passi lunghi, felpati.
Si ritira.
E' una femmina.
La chiamiamo gatto.
E' un "gato".
Dici tu.

vorresti appoggiare la testa su di me
metterla al sicuro
forse in mezzo al mio seno
una carezza magari
ma ho le mani che puzzano di disinfettante
e gli occhi stanchi.

mi dici
cosa?
"sono vecchia"
-rispondo-
sorridi a metà.

c'è qualcosa
dev'essere quel vaso aperto
che avevamo sigillato,
quell'aria funesta,
lieve,
inevitabile,
che è uscita.

non crediamo alle premonizioni
per cui
ti versi un altro bicchiere di vino
mi verso un altro bicchiere di vino.

siamo inebriati
di vino
di aria
di niente.



martedì 15 settembre 2015

La statistica della felicità.

La statistica sulle probabilità di essere felici sono commisurate in modo inverso rispetto a tutti i risultati statistici degli diversi scenari possibili e probabili per il futuro.

Le probabilità di essere felici non hanno nulla a che fare con le possibilità di esserlo.


sabato 25 luglio 2015

Globuli rossi...

E' successo cosi.
Tutto veloce, ma tutto andava lento.
Cambiavano i colori e le espressioni. La cucina, sempre la stessa, meno, la voglia di mangiare. Per mesi.
E' la palestra, diceva. Dimagrisco, per questo.
E' lo stress, diceva. Ho le occhiaie , per questo. Lo stress. Il caldo. Il cibo.
E' che mi manca il mio paese. Che male!

E dopo, aveva i neon puntati addosso. Quelli blu ma che sembrano gialli. I colori dell'ospedale. Ingannevoli. Stucchevoli.

Ed io avevo la mamma, la mia, seduta a fianco a me e le toglievo tutto. La vita. Cosi come me l'aveva data, gliela toglievo. Senza rispetto. Senza avvertirla. Doveva rifarmi, viva. Ora. Non ero pronta per soffrire. 
Senza rispetto la torturavo. Doveva salvarmi, salvarlo, far si che non fosse vero.
Lei però, sapeva meglio di me che la possibilità è qualche volta più vera della realtà.
Non mi diceva che sarebbe andato tutto bene, ma doveva essere perché la luce era davvero strana, "bluette" l'avrebbe descritta mio nonno, e la notte, quella,  davvero troppo lunga. 

Una signora ci chiese cosa non andasse. Noi, non avevamo più voce, sole luce blu e sonno e voglia di vino. Di morire.Io avevo voglia di farmi rinascere, credo.
Le ho risposto male, a modo mio.Secca senza parole.
I globuli rossi non sono un affare mondiale. Va tutto bene. 

Ma ho pronunciate tutte le parole come se la curiosità potesse uccidere. 
L'ho studiata, annichilita. uccisa. La donna.
L'ho odiata. Per quella curiosità insana di trovare conforto al pronto al soccorso, nel dolore altrui. Insomma.

Mia madre non ha risposto affatto. Ha guardato la sua pagina facebook sul telefono per un po'
e mi ha detto:"andiamo, a fumarci una sigaretta."

Dopo un po', infatti,  ti cade la stanchezza. E, tu non vuoi, ma succede. Hai bisogno di dormire. Dormire  e stendere i muscoli. L'amore non è abbastanza.
Abbandoniamo tutti qualcuno, a qualche punto.
Allora sovviene la stanchezza. Ancestrale , profonda, la necessità di sprofondare in un cuscino e di sprondare più a fondo. Senza sognare. Se, possibile, cadresti laggiù. Senza salvezza.
Devi solo dormire.

Hai paura.
Di quello che sapevi. Di quello che saresti pronto a ricevere. Di ciò che già sai. Di quello che devi sapere.
E' tutto nel DNA. Sei già pronto. Sei stanco. Sei morto. Sei vivo.
Accetti tutto. Purché finisca.
Capisci in un istante che il prima non c'è più.
Te lo dimentichi un attimo dopo, ricadi nell'oblio.
Comunque dormi.

Mi sono messa a pancia in giù sul lettone. 
La lettiera era sporca , non capivo quando fosse l'ultima volta che l'avevamo pulita.
Quella notte ho dormito. Poche ore, ma l'ho fatto.
A pancia in giù,per quel dolore ancestrale, come se il materasso potesse cullare il cuore e l'odore della maglietta, dimenticata sul cuscino,  potesse cambiare le cose.

Stasera c'era il cane, e la mamma ed il gelsomimo.
La responsabilità del dolore. 
C'era anche lui, guardava la televisione.
Sano. 
Forse.
Senza ombelico, ma sorrideva.
Sano....

Ammesso questa parola abbia un senso.
Per ciascuno.


Per due ore, stasera, non ho avuto paura.
O, forse si. Come sempre.
Ma è stata una paura leggera, 
come il peso di una vita dolce.
Come mia nonna, i giocattoli e le bombole di ossigeno.
Come ripetere la parola limone all'infinito e
 non trovarne più un senso.



venerdì 12 giugno 2015

The first cut is the deepest

Pensare ad altro, guardare le piastrelle macchiate di sugo, a quanti giorni c’erano prima, a quanti ce ne sono adesso, al rumore che deve aver fatto il corpo che cade sul pavimento dell’aula magna, alle facce degli studenti.

La lama della lattina passa sotto la pelle, con poco amore, recide con eleganza il primo strato dell’epidermide e passa sotto.

Il secchiaio è rosso, la mano è rossa, la stanza diventa rossa.

L’acqua fredda stinge il colore ed il dolore arriva pulsante ad intermittenza. La lattina è ora posata sulla costola del secchiaio, insieme alle bucce di cipolla, ai ceci, all'insalata.

Il sangue pian piano si rapprende. La pelle, invece,resta sollevata. Occorre un panno, un cerotto, del disinfettante.

Il rosso è finito.C’è la luce gialla delle sere d’estate.

I pensieri, soldatini ubbidienti, ad uno ad uno ritornano: Quanti giorni ci sono stati, quanti ne abbiamo, quanti ce ne rimangono.