lunedì 1 febbraio 2016

Routine al pomodoro.

Cucinerò degli spaghetti al pomodoro.
Un piatto semplice che mi rassicura. Rassicura anche te ed è un po’ come mangiare qualcosa di speciale ,anche stasera, che è lunedì. Una sera che non amiamo particolarmente ma che sentiamo più amica dopo cena. Quando io lavo i piatti e tu vai a buttare l’immondizia ma la gatta vorrebbe giocare. Allora, quando risali le lanci il topolino di pezza, ancora mentre indossi il giaccone in piedi davanti alla porta, ancora con le scarpe addosso ed io sbuffo e ti dico di toglierle quelle scarpe che il pavimento è pulito ed intanto la gatta corre a prenderlo il topolino colorato, corre come una matta mentre l’altra vi osserva severa, appallottolata sul cucino arancione della sedia in cucina. Dovremmo cambiarli questi cuscini, pieni di peli che dopo lavati non diventano mai chiari ma rimangono sempre impregnati di peli bianchi e neri e dorati. Neanche con la spazzola, o l’aspirapolvere vengono puliti. Dovremmo anche comprare una cassettiera e qualche bella pianta per abbellire il salotto, abbiamo tante volte detto che un benjamin si, ci starebbe proprio bene, darebbe quel tocco di verde che manca ma poi, puntualmente, quando è sabato ed abbiamo tempo di scegliere insieme, ci pare che quei soldi forse è meglio tenerli, tecnicamente risparmiarli, che la pianta e la cassettiera ed i cuscini possono, tutto sommato aspettare, anche se poi li spendiamo, ogni mese, fra tele e libri, colori e musica, maglioni dai colori caldi e qualche bottiglia di vino decente. Risparmiamo un pochino o ci illudiamo di farlo per poi fare qualche viaggetto, tenendo da parte, nella mente,  il viaggio grande , quello della vita e ci diciamo che in fondo, adesso come adesso, vorremmo andare in troppi posti che non sapremmo dove andare. Ma lo faremo quel viaggio quando sentiremo che il momento è giusto, quando saremo in grado di sentire un desiderio che da sogno si fa realtà. Un desiderio covato, davvero desiderato, un desiderio lavorato, sudato come quello di tuo nonno che per tutta la vita ha anelato il Canada, e quando, pensionato, con tutti i soldi racimolati nell’arco della sua vita da caporeparto di fabbrica tessile, finalmente ci è andato, ha addirittura tenuto un piccolo diario, che poi erano semplici note ma  in bella calligrafia, e descriveva la forma ed il prezzo dei biglietti del bus e di che colore era il cielo, e la banchina degli autobus, ed il marciapiede. Le differenze del cibo e gli orari dei treni. Tutto scritto, tre settimane lunghe una vita, tutto scritto a mo’ di appunto, senza presunzione e quasi pudore e noi, quando, lo abbiamo scoperto per caso, trovando quel libricino dentro il comò di tuo padre quando stavamo dai tuoi in vacanza e tuo padre voleva dormire nella stanza del computer e ci ha lasciato il suo letto, con il crocifisso, la bibbia, quei due maglioni e la cyclette, ci siamo commossi ma abbiamo tenuto il segreto e riposto il diario nel cassetto e ci ha pervaso la dolcezza e ci siamo messi in mente, simultaneamente e senza dircelo,  questa storia, di doverlo lavorare il desiderio. 
Il sugo è sul fuoco da un po’, ho tempo per una doccia veloce, per struccarmi, per infilarmi i pantaloni del pigiama ed aspettarti, come sempre. E sbufferò perché cammini per  casa con le scarpe anche stasera,  solo per non farti sentire che sono felice ma tu lo saprai, che lo sono e lo sarai anche tu per via degli spaghetti che fanno sentire a casa.